Nel Giardino dei ciliegi di Čechov (Piccolo Teatro di Milano, 23 maggio 1974) è Opachin e ne esprime magistralmente i sentimenti contrastanti, cioè da un lato il desiderio di un riconoscimento del nuovo status sociale, dall'altro la consapevolezza della carica di aggressività e di violenza del mondo nuovo che soppianterà il vecchio. Il senso profondo di queste contraddizioni è espresso da Graziosi contando ancora un volta sul valore della parola e sulla plasticità del gesto che, a suo avviso, per avere una perfetta concretezza scenica presuppongono una approfondita conoscenza dell'opera, del pensiero dell'autore, anche di quello che non si è manifestato nella scrittura, dell'epoca delle vicende e di come i personaggi le vivono.
Sempre negli anni Settanta il nostro attore è l'uomo in frac in Sogno ma forse no di Pirandello (Teatro San Babila di Milano, ottobre 1975); il capo della polizia in Le balcon di Jean Genet (Piccolo Teatro di Milano, 29 maggio 1976); Arnolfo nella Scuola delle mogli di Molière (Teatro dell'Arte al parco di Milano, stagione 1977-78); il Togasso in El nost Milan di Carlo Bertolazzi (Teatro Lirico di Milano, 18 dicembre 1979). Gli anni Ottanta sono ancora più pieni; egli si appresta a raccogliere l'eredità di Tino Carraro e diventare il primo attore del Piccolo. Tuttavia nel Temporale di Strindberg (Piccolo Teatro di Milano, 18 giugno 1980) il Signore è ancora Carraro e Graziosi è il Fratello. Di questa parte Graziosi non è entusiasta, tuttavia, grazie all'articolazione dei suoi toni recitativi, alla sua ironia e all'espressione del viso riesce a dare una rilevanza al suo personaggio; è il traguardo della sua ricerca espressiva: «Fu in quella ... circostanza che il mio mestiere divenne maturo anche se non ancora del tutto consapevole di tale maturità» (Franco Graziosi, Diario, Roma, Archivio privato Franco Graziosi).
Ritorna protagonista in altri spettacoli, alcuni dei quali qui ricordiamo. Nel Matrimonio di Figaro di Pierre Augustin Beaumarchais interpreta Figaro (Teatro Olimpico di Vicenza, 24 settembre 1980); è Ivan Kalomizief ne Gli ultimi di Gorkij (Teatro dell'Arte al parco di Milano, febbraio 1983); è Antonio nella Tempesta di Shakespeare (Teatro Lirico di Milano, novembre 1983); Ognuno nella Leggenda di Ognuno di Hugo von Hofmannsthal (Cattedrale di San Lorenzo, Lugano, 29 marzo 1987); è Boffi in Come tu mi vuoi di Pirandello (Piccolo Teatro di Milano, 27 marzo 1988). Attore ormai affermato Graziosi in questi anni è chiamato assai frequentemente in luoghi di grande prestigio culturale a leggere testi di prosa e di poesia, da Armand Salacrou ad Eschilo, da Dante alla poesia italiana del Novecento, dal Quattrocento a García Lorca, Brecht, Giacomo Leopardi, Giuseppe Ungaretti. Per Graziosi «la poesia è espressione massima del pensiero, sintesi di immagini; una scatola magica dove la ragione dell'uomo si fa musica» (ivi) ed ha sempre rappresentato per lui «la struttura sulla quale poggiare l'espressione teatrale. Con i suoi ritmi, colori, cesure, accenti, la frase poetica è un modello a cui attingere per ottenere la necessaria incisività espressiva nella prosa» (Lettera alla dirigenza del Piccolo del 29 marzo 2007, Roma, Archivio privato di Franco Graziosi,).
Intensa è anche, in questo periodo, la sua attività televisiva: tra il 1970 e il 1996 partecipa a ben trentasei lavori, spesso in ruoli da protagonista o comunque rilevanti (come, ad esempio, Le cinque giornate di Milano; 10 giugno 1940, il primo giorno di guerra di Mussolini; Gorgonio; I persiani; ecc.).
C'è anche il cinema: è il maggiore Malchiodi in Uomini contro di Francesco Rosi (1971); il governatore Jaime in Giù la testa di Sergio Leone (1971); il generale Lucius Morton in Los amigos di Paolo Cavara (1972); il ministro delle partecipazioni statali in Il caso Mattei di Rosi (1972); Pietro Bonfigli in Al piacere di rivederla di Marco Leto (1976); Manuilsky in Antonio Gramsci, i giorni del carcere di Lino Del Fra (1977). Ma i maggiori successi li coglie ancora una volta a teatro: il 18 marzo 1989 e il 28 aprile 1991 al Teatro studio di Milano interpreta Mefistofele nel Faust, parte prima e parte seconda, di Goethe, con la regia di Strehler che è anche interprete di Faust. Nel giugno 1989 vince il premio Quadrivio. Nel 1992 è Giulio uno dei protagonisti in Siamo momentaneamente assenti di Squarzina (Piccolo Teatro di Milano, maggio 1972) e, per questa interpretazione, riceve di nuovo il Premio IDI. È poi, finalmente, Cotrone ne I giganti della montagna di Pirandello (Teatro Lirico di Milano, 27 febbraio 1994). Per Mefistofele Graziosi studia a fondo il personaggio per renderlo scenicamente coerente a se stesso: «Mefistofele - dice Graziosi - è l'idea del male. In quanto tale non ha una sola faccia ma infiniti modi di essere ... usa qualsiasi pelle per ottenere il suo scopo. È maschio e femmina, inflessibile e accondiscendente ... una sorta di istrione» (Franco Graziosi, Diario, Roma, Archivio privato Franco Graziosi). «Il Mefisto di Graziosi non è più un'entità compatta ma invece la gamma infinita di tante cose: un flusso - spiritico, infernale materiato con nervi ed aria - che l'attore rende in un processo continuamente metamorfico, dove la figura concreta del personaggio diventa una concrezione indefinibile privata della propria realtà, un corpo sottratto e svuotato e poi subito dopo ricomposto» (Gualtiero De Santi, Franco Graziosi, L'Arte della Parola, cit., pp. 46-47). Infine Cotrone, interpretato come un mago felliniano, narratore e insieme ragionatore ed esplicatore. Per far questo si serve della parola, del cui uso Graziosi è maestro, e dell'espressione facciale: «Il suo "dire" le parole è dunque un'opera di ricostruzione e di accorpamento... quasi un'operazione di ermeneutica affrontata sulle tavole del palcoscenico» (ivi, p. 51). «Straluna gli occhi e si infervora, varia le espressioni del volto adeguandole di volta in volta alle domande ... sorride ora sarcastico ora bonario ... quasi in bilico tra Prospero e Pirandello, il Cotrone che egli rappresenta sulla scena procede eccitatamente nel lavoro di comunicazione della verità» (ibidem). È l'ultima performance di Graziosi per il Piccolo di Strehler. A dicembre 1994 vince il premio Pirandello.
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