Franco Graziosi nasce a Macerata il 10 luglio 1929 dal matrimonio tra Armando Graziosi, funzionario della Cassa di Risparmio di Macerata e Beatrice Bonci, casalinga. All'età di cinque anni non può partecipare ad uno spettacolo per bambini per la partenza della famiglia per le vacanze. Se ne rammarica ma cresce in lui la curiosità per il teatro e a dieci-undici anni inizia a comprare la rivista teatrale «Il Dramma». Frequenta la casa del nonno materno Elia Bonci, pittore e letterato, che recita a memoria la Divina Commedia, possiede una ricca biblioteca ed un piccolo teatro per gli spettacoli amatoriali dei figli e degli amici. Quel teatrino col sipario rosso e i racconti della madre sulle sue "servette" goldoniane, alimentano la passione.
A dodici-tredici anni Graziosi fa una riduzione della Locandiera di Carlo Goldoni e la rappresenta nel suo teatrino di marionette. Tra il 1945 ed il 1949 frequenta il liceo scientifico, recita in una decina di spettacoli della Filodrammatica di Macerata e al primo festival nazionale delle Filodrammatiche. Al Teatro comunale Rossini di Pesaro, il 1° giugno 1948, vince il terzo premio come primo attore e Anton Giulio Bragaglia gli propone di entrare nella sua compagnia. Ma il giovane Graziosi deve terminare gli studi e solo nell'ottobre 1949, con la promessa ai genitori di iscriversi alla Facoltà di economia e commercio, può sostenere con successo l'esame di ammissione all'Accademia nazionale d'Arte Drammatica Silvio d'Amico.
Rimane affascinato dalla didattica dei grandi maestri, Silvio d'Amico, Wanda Capodaglio, Sergio Tofano, Mario Pelosini, Orazio Costa, che segue con costante attenzione, ma naturalmente trova pochissimo spazio nel saggio del primo anno di corso (solo due battute). Nel saggio del secondo anno recita la parte più consistente del pastore Tirsi nell'Aminta di Torquato Tasso; il terzo anno, in assenza del saggio, interpreta Dimitri in una scena tratta dai Fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij. Distintosi tra i giovani dell'Accademia, nel 1953 viene chiamato da Paolo Grassi al Piccolo di Milano.
Inizia una fase determinante per il percorso artistico di Graziosi che, pur con qualche interruzione, tra il 1958 e il 1963 e tra il 1966 e il 1972, rimane indissolubilmente legato alla storia del Piccolo, in particolare a Giorgio Strehler, fino al 1994. Il Piccolo, fin dal 1947, rappresenta per Strehler «il luogo dell'innovazione teatrale, della cultura che doveva contribuire a cambiare il mondo e a costruire un nuovo umanesimo» attraverso un repertorio che, pur eclettico, trova la sua coerenza «nel ricercare per ogni poeta la sua realtà e quella realtà restituire interamente al pubblico» per individuare «fino a che punto fosse possibile ricostruire elementi atti al ritrovamento di un'unità e di armonia in seno alla società contemporanea» (Giorgio Strehler, Per un teatro umano, Milano, Feltrinelli, 1974, p. 45). «Io non conoscevo - dice Graziosi - quali fossero allora i valori professionali e morali del teatro italiano, ma trovai in quel luogo [il Piccolo] arte e disciplina, un'atmosfera che trasmetteva sicurezza e voglia di lavorare. Ero sempre tra le quinte che seguivo il lavoro di Strehler con gli attori... Ore ed ore di "lezione"... Tutto ciò che ho fatto in seguito è scaturito da queste mie prime sensazioni» (Franco Graziosi, Diario, Roma, Archivio privato Franco Graziosi).
In questi anni interpreta parti modeste, però progressivamente crescenti: il servitore, il cameriere che parla, il merciaiolo, l'infermiere, il bersagliere, il giovane studente, il boia, il macellaio, il messaggero, il carceriere ed altri personaggi ancora di secondo piano, in ben ventisette rappresentazioni. È comunque presente in tutti i grandi spettacoli strehleriani di questo periodo accanto a grandi attori con un repertorio che va da Goldoni a William Shakespeare, da Luigi Pirandello a Anton Čechov, da Carlo Bertolazzi a Bertolt Brecht, da Sofocle a Jean Giraudoux, da Euripide a Giovanni Verga, passando per la drammaturgia contemporanea, Luigi Squarzina, Federico Zardi, Diego Fabbri, Dino Buzzati. Graziosi, pertanto, acquisisce un bagaglio culturale e drammaturgico e un'esperienza attorale rilevante, mostrando sempre impegno e umiltà, molto apprezzati da Strehler.
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